venerdì 7 luglio 2017

Due libri di Osip Mandel’štam: "Quaderni di Voronež. Primo quaderno" e le ottave di "Quasi leggera morte"

Gli ammiratori di Osip Mandel’štam, autore ormai ampiamente "fuori diritti", hanno di che rallegrarsi in questo primo semestre del 2017. Quasi sicuramente propedeutiche a un climax ascendente di pubblicazioni che si concluderà il prossimo anno, con l'ottantennale della morte, sono ben due le novità editoriali di un certo rilievo che si sono viste in libreria. La casa editrice Giometti&Antonello-Macerata (curioso e sicuramente d'antan questo ripescaggio della città dell'editore nel nome e sulle copertine) ha dato il via a quella che si annuncia come una serie di pubblicazioni che si concluderà con l'edizione del suo epistolario. Quaderni di Voronež. Primo quaderno (pp. 112, euro 16, a cura di Maurizia Calusio) raduna testi del primo dei tre fascicoli vergati dal poeta durante il triennio d'esilio nella pianeggiante Voronež, tra il 1934 e il 1937. Si tratta del periodo che solitamente è fatto coincidere con una terza stagione della sua scrittura (ma a periodizzare all'interno di una "produzione" di uno scrittore si fa sempre in tempo, e a che pro?), dopo l'esordio acmeista e la stagione dei grandi componimenti nel primo lustro degli anni Venti. Ora, basta una scorsa al luogo e alla data di morte del poeta (Vladivostock 1938) per ricordarsi di fatti perlopiù noti e capire che si tratta di scritti terminali sorti in attesa di un arresto definitivo, che lo condurrà alla morte in Siberia. Il volume curato da Maurizia Calusio e corredato di un'appendice iconografica, raccoglie principalmente le poesie del primo anno, preludio di un periodo di scrittura poetica che diventerà quasi torrenziale e che scopriremo via via con le prossime pubblicazioni dedicategli dalla casa editrice marchigiana.


Il così detto periodo di Voronež inizia in realtà con una ricostruzione dei testi inediti dei primi anni Trenta, in una rocambolesca fuga-salvataggio ricordata dalla moglie Nadežda e citata anche nell'edizione delle ottave di Quasi leggera morte (Adelphi, pp. 100, euro 10, a cura di Serena Vitale; una curiosità sulla copertina a lato presa dal sito della casa editrice: non è quella finale riportante anche la dicitura "Ottave" e il nome della curatrice). Gli undici testi che qui ritroviamo sono arrivati a noi perché salvati dalle perquisizioni tra le federe di cuscini. Ottave come la numero 4 del maggio 1932 si leggono e si ammirano, e poco altro c'è da dire. Pur breve, non credo però abbia senso riportarla tutta, visto che il libro è composto da quegli undici testi. Poi, certamente, altri testi di consistente peso specifico concorrono a formare questo secondo libro di Osip Mandel’štam di cui si dà notizia. Lo si capisce leggendo la prefazione di Serena Vitale, dove colpirà il racconto dell'amicizia con il biologo e entomologo Boris Kuzin. E parimenti desta ammirazione la compilazione della "Nota al testo" finale, dove ogni poesia è accompagnata da un microsaggio con plurime aperture sulla "conoscenza" che rintracciano questi testi. Chi apprezza Osip Mandel’štam non ha insomma bisogno di molti inviti alla lettura, ma semplicemente di un rinvio a una novità editoriale che copre qualche lacuna. Chi non l'ha ancora avvicinato dovrà accettare che l'esercizio di una recensione si ponga stavolta in tutta la sua affascinante inutilità. Una cosa importante sia detta in chiusura: Mandel’štam è sicuramente passato, o quantomeno rischia di passare, al mito e alla leggenda della poesia novecentesca. Questo, editorialmente parlando, fa gioco, ma è terribilmente pericoloso e stolto. L'incrostazione mitologica sta rovinando anche quel poco che ancora rimane di interessante nella scrittura e nella letteratura, quello che ci fa dire che vale la pena leggere qualcosa (fa specie vedere leggende e automitologie perseguite anche a livelli caserecci da certi autori nostrani ancora in vita). Si torni alla già citata ottava 4 o si apra in libreria il volumetto verdino all'ottava 11, a pagina 55. Comincia così: "E dallo spazio esco nel giardino / incolto delle grandezze, / strappo l'immaginaria costanza, / l'autoconsenso delle cause." Il finale, ovvero gli ultimi quattro versi dell'ottava, è tutto per voi.

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