venerdì 20 ottobre 2017

Poesie di Juan Manuel Roca nella traduzione di Stefano Strazzabosco

Accanto ai ratti di "al cor gentil ratto s'apprende" con le loro poesie inedite, compare un altro animale per nominare uno spazio dove si ospitano traduzioni di poesia: lo stregatto o Gatto del Cheshire di Lewis Carroll. Ratti e stregatti, insomma. Adotterò pregiudiziali e faziosi criteri per vagliare proposte di traduzioni, anche nei casi di lingue totalmente sconosciute come russo, coreano o giapponese (insomma, mi baserò su un traballante concetto di fiducia). Il gatto qui sopra è un particolare del dipinto "San Girolamo nello studio" di Antonello da Messina. Al di là delle molteplici simbologie e caratterizzazioni dei gatti, da Antonello a Carroll (Dante non è tornato utile stavolta perché un po' li snobba), qui proviamo a stregarvi con nuove traduzioni facendo le fusa. L'augurio è incoraggiare la traduzione poetica che un po' latita, anche nelle generazioni più giovani, e che qualche stregatto un giorno possa precipitare altrove, anche in un libro se capita.


Juan Manuel Roca
Quando il fuoco conversa con l’aria
Versioni di Stefano Strazzabosco


POETICA

Dopo aver scritto sulla carta la parola coyote
Occorre stare attenti che quel vocabolo carnivoro
Non s’impossessi della pagina,
Che non riesca a nascondersi
Dietro alla parola iacaranda
Per aspettare che passi la parola lepre, e straziarla.
Per evitarlo,
Per dar voci d’allarme
Nel momento in cui il coyote
Prepara furtivo la sua imboscata,
Certi vecchi maestri
Che conoscono gli esorcismi del linguaggio
Consigliano di tracciare la parola cerino,
Sfregarla sulla parola pietra
E accendere la parola falò per tenerlo lontano.
Non c’è coyote o sciacallo, non c’è iena o giaguaro,
Non c’è puma né lupo che non fugga
Quando il fuoco conversa con l’aria.


TESTAMENTO DEL PITTORE CINESE

Quando il sobrio Imperatore
M’intimò di cancellare dal quadro una cascata,
- Il gorgoglio incessante gli turbava il sonno –
Da buon cortigiano gli obbedii
E sfumai il suo torrente.
Tuttavia, nascosi dietro al disegno di un ciliegio
Una rana che gracchia
E che l’anziano Imperatore confonde
Col suo cuore agitato.
In un paravento di lino dipinsi me stesso
Nell’atto di disegnare un cavallo.
La notte dopo spaventai col pennello il cavallo,
Perché non sopportavo i suoi nitriti.
Presto cancellerò la mia figura crepuscolare dall’olio,
- Imperatore del mio corpo –
E sapranno che sono della stessa materia
L’assenza di un uomo o di un cavallo.


ANTIPREGHIERA (Un reclamo per i poeti)

Nemmeno se tu mi dessi la lingua
E il tatto del Re Salomone,
Nemmeno se mi dettassi un bel Cantico
Che dissetasse al labbro di qualche moabita,
Né ricevendo in dono la figlia del Faraone,
Né per un cavallo nero
Che sguazzasse nella pioggia
E scalpitasse sotto un cielo d’olivi,
Né per la dignità del vento
O di un grande signore nelle vigne di Baal,
Né in cambio di un prospero commercio
Di botti di vino e di boschi aromatici,
Potrò capire, Signore,
Che nella lingua di John Donne,
La stessa di tuo figlio William Blake,
Si continuino a ordinare i massacri.


PARABOLA DELLE MANI

Questa mano prende un frutto,
L’altra lo allontana.
Una mano riceve il falco, si toglie un guanto,
L’altra lo scaccia, accende una fiaccola.
Una mano scrive lettere d’amore
Che la sua losca siamese infarcisce di ingiurie.
Una mano benedice, l’altra minaccia.
Una disegna un cavallo,
L’altra un puma che lo spaventa.
Dipinge un lago la destra:
L’affoga in un fiume d’inchiostro, la sinistra.
Una mano traccia la parola uccello,
L’altra ne scrive la gabbia.
C’è una mano di luce che fabbrica scale,
una d’ombra che allenta i loro pioli.
Ma viene la notte. Viene
La notte quando stanche di ferirsi
Concedono una tregua a quella guerra
Perché cercano il tuo corpo.


PREGHIERA AL SIGNORE DEL DUBBIO

Più che fede, concedimi un bagaglio di dubbi.
Sono loro il mio ponte, il mio affluente, le mie onde.
Venga a noi il Regno dell’Incerto.
Tieni in bilico le mie verità,
Concepite, morte e sepolte
Nei telai dell’oblio. Portami
In mezzo alle tue sabbie mobili,
Fa’ che io mangi il pane dello scacco,
Che beva l’acqua del silenzio.
Non c’è trucco né inganno:
Ferito, sono io il mio barelliere.
Siano le certezze i palazzi di neve
Che qualcuno assedia col fuoco.
Signore del dubbio, nel caso in cui tu esista,
Ascolta la preghiera di questo miscredente.


CANZONE DEL FABBRICANTE DI SPECCHI

Fabbrico specchi:
All’orrore aggiungo altro orrore,
Altra bellezza alla bellezza.
Porto in giro la luna di mercurio:
Il cielo si riflette nello specchio
E allora i tetti ballano
Come in un quadro di Chagall.
Quando lo specchio entrerà in altre case
Cancellerà tutti i volti già noti:
Gli specchi non raccontano il passato,
Non mostrano chi un tempo ci abitava.
Qualcuno costruisce delle carceri,
Sbarre per gattabuie.
Io fabbrico specchi:
All’orrore aggiungo altro orrore,
Altra bellezza alla bellezza.




POÉTICA

Tras escribir en el papel la palabra coyote
Hay que vigilar que ese vocablo carnicero
No se apodere de la página,
Que no logre esconderse
Detrás de la palabra jacaranda
A esperar a que pase la palabra liebre y destrozarla.
Para evitarlo,
Para dar voces de alerta
Al momento en que el coyote
Prepara con sigilo su emboscada,
Algunos viejos maestros
Que conocen los conjuros del lenguaje
Aconsejan trazar la palabra cerilla,
Rastrillarla en la palabra piedra
Y prender la palabra hoguera para alejarlo.
No hay coyote ni chacal, no hay hiena ni jaguar,
No hay puma ni lobo que no huyan
Cuando el fuego conversa con el aire.


TESTAMENTO DEL PINTOR CHINO

Cuando el sobrio Emperador
Me conminó a borrar del cuadro una cascada,
—El chapoteo incesante espantaba su sueño—
Como buen cortesano obedecí
Y esfumé su torrente.
Sin embargo, oculté tras el dibujo de un cerezo
Una rana que croa
Y que el anciano Emperador confunde
Con su agitado corazón.
En un biombo de lino me pinté a mí mismo
Al momento de dibujar un caballo.
Una noche después espanté con el pincel al caballo,
Pues no soportaba sus relinchos.
Pronto borraré mi crepuscular figura del óleo,
—Emperador de mi cuerpo—
Y sabrán que es de la misma materia
La ausencia de un hombre o de un caballo.


ANTIORACIÓN (Un reclamo por los poetas)

Ni aunque me dotaras con la lengua
Y el tacto del Rey Salomón,
Ni aunque me dictaras un bello Cantar
Que abreve en labios de alguna moabita,
Ni recibiendo en dádiva a la hija del Faraón,
Ni por un caballo negro
Que chapotee en la lluvia
Y piafe bajo un cielo de olivos,
Ni por la dignidad del viento
O de un gran señor en las viñas de Baal,
Ni a cambio de un próspero comercio
De toneles de vino y bosques de olor,
Lograré entender, Señor,
Que en la lengua de John Donne,
En la misma de tu hijo William Blake,
Se sigan ordenando las matanzas.


PARÁBOLA DE LAS MANOS

Esta mano toma un fruto,
la otra lo aleja.
Una mano recibe al halcón, se quita un guante,
La otra lo ahuyenta, prende una antorcha.
Una mano escribe cartas de amor
Que su equívoca siamesa puebla de injurias.
Una mano bendice, la otra amenaza.
Una dibuja un caballo,
La otra, un puma que lo espanta.
Pinta un lago la mano diestra:
Lo ahoga en un río de tinta, la siniestra.
Una mano traza la palabra pájaro,
La otra escribe su jaula.
Hay una mano de luz que construye escaleras,
Una de sombra que afloja sus peldaños.
Pero llega la noche. Llega
Cuando cansadas de herirse 
Hacen tregua en su guerra
Porque buscan tu cuerpo.


ORACIÓN AL SEÑOR DE LA DUDA

Más que fe, dame un equipaje de dudas.
Ellas son mi puente, mi afluente, mi oleaje.
Venga a nos el Reino de lo Incierto.
Mantén en vilo mis verdades,
Concebidas, muertas y sepultadas
En los telares del olvido. Llévame
Por las arenas movedizas,
Dame a comer el pan de la derrota,
A beber el agua del silencio.
No hay timos ni trucajes:
Estoy herido y soy mi camillero.
Sean las certezas palacios de nieve
A los que alguien asedia con el fuego.
Señor de la duda, si existieras,
Escucha la oración del descreído.


CANCIÓN DEL QUE FABRICA LOS ESPEJOS

Fabrico espejos:
Al horror agrego más horror,
Más belleza a la belleza.
Llevo por la calle la luna de azogue:
El cielo se refleja en el espejo
Y los tejados bailan
Como un cuadro de Chagall.
Cuando el espejo entre en otra casa
Borrará los rostros conocidos,
Pues los espejos no narran su pasado,
No delatan antiguos moradores.
Algunos construyen cárceles,
Barrotes para jaulas.
Yo fabrico espejos:
Al horror agrego más horror,
Más belleza a la belleza.



Queste poesie sono tratte dalle raccolte Cittadino della notte (1989), La farmacia dell’angelo (1995), Un violino per Chagall (2003), Le ipotesi di Nessuno (2005), Biblia pauperum (2012), Tempo di statue (2014).


Juan Manuel Roca (Medellín, Colombia, 1946) è poeta, saggista, critico d’arte, narratore e giornalista culturale. Considerato una delle voci più importanti della poesia latinoamericana attuale, le sue principali raccolte di poesia sono: Luna de ciegos (Luna di ciechi; Premio Nacional de Poesía Universidad de Antioquia, 1975); Los ladrones nocturnos (I ladri notturni, 1977); Ciudadano de la noche (Cittadino della notte, 1989); Pavana con el diablo (Pavana col diavolo, 1990); Monólogos (Monologhi, 1994); La farmacia del ángel (La farmacia dell’angelo, 1995); Las hipótesis de Nadie (Le ipotesi di Nessuno, 2005); Testamentos (Testamenti, 2008); Biblia de pobres - Biblia pauperum (Bibbia dei poveri; IX Premio Casa de América, 2009); Temporada de estatuas (Tempo di statue, 2010). Nel 1994 ha pubblicato la sua Prosa reunida (Prosa riunita). Ha ricevuto molti premi, e dai suoi libri son state tratte diverse antologie. Vive e lavora a Bogotá.

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